Biden: moderate in manners, determined in substance!
Articolo pubblicato su MeridianoiItalia.tv

Nel suo discorso di investitura, come peraltro da lui stesso più volte anticipato, Joe Biden ha enfatizzato la necessità dell’unità del popolo statunitense devastato da quattro anni di estremismo paranoide- megalomane di Trump: “Questo è il nostro momento storico di crisi e sfida“; L’unità è la strada da percorrere”; “Dobbiamo porre fine a questa guerra incivile che mette il rosso contro il blu, rurale contro urbano, conservatore contro liberale“; “La politica non deve essere un fuoco ardente, distruggendo tutto sul suo cammino“; “Abbiamo imparato che la democrazia è preziosa, che la democrazia è fragile”.

“America United”: un Presidente quindi che, con moderazione, garbo ed ecumenismo, punta a ricucire le lacerazioni della società americana: lacerazioni culturali, economiche e di classe e lo fa innanzi tutto affrontando la dura battaglia contro la pandemia, la prima emergenza del Paese.

Un ampio ventaglio di provvedimenti sono già stati adottati: “100 days masking challenge”, il ripristino della “Direzione per la sicurezza sanitaria globale e la difesa biologica” sospesa da Trump, il rientro nell’OMS, l’estensione della moratoria su sfratti e pignoramenti, la prosecuzione della sospensione delle rate dei prestiti studenteschi, la proposta per un pacchetto di misure di stimolo del valore di 1.900 miliardi di dollari (415 per la vaccinazione, 1000 per aiuti diretti alle famiglie,  440  circa per le piccole imprese).

Inevitabilmente quindi, il successo della presidenza Biden si giocherà sulla sua capacità di affrontare e sconfiggere la pandemia facendo ripartire l’economia; la sua amministrazione sarà innanzi tutto impegnata sul fronte interno e sulle immediate emergenze, la politica estera e le relazioni internazionali saranno in lista di attesa.

Questa analisi porta a pensare che non vi saranno iniziative eclatanti o muscolari sul piano internazionale, ma una attività di ricucitura relazionale, basata sulle convinzioni di Tony Blinken (l’America deve guidare: “not only by the example of our power, but by the power of our example.”) in primis verso i paesi e le istituzioni neglette dalla presidenza Trump: Onu, Nato, Unione Europea, Giappone, Corea del Sud, con un recupero del multilateralismo, del rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani, della tutela dell’ambiente.

Le situazioni di “crisi” dall’ Ucraina alla Bielorussia, dal Caucaso alla Siria, dal Venezuela a Cuba, dall’Iran alla Corea del Nord, da Israele alla Palestina, alla Libia (in un elenco naturalmente non esaustivo) e le relazioni con la Russia, la Turchia, la Cina vedranno nuovamente il coinvolgimento, con graduazioni diverse, dell’Unione Europea dopo gli anni della sua marginalizzazione.

Questa possibile ritrovata centralità europea con l’amministrazione Biden rappresenta nel contempo una opportunità ed un rischio per l’Unione; sarà necessaria una coerente e convergente linea di politica estera (e in proposito le leadership trumpiane di Polonia e Ungheria non promettono nulla di buono, si veda l’accordo solitario di Orban per l’acquisto del vaccino russo Sputnik V, la prossima apertura a Budapest dell’università cinese di Fudan, la presenza da tempo di cinque centri culturali Confucio oltre che del più grande polo logistico di Huawei all’estero) superando le variegate tendenze nazional-populistiche ed le profferte interessate da parte di Russia e Cina (tra tutte e ad esempio la  “Belt and Road Initiative” e il gasdotto “Nord Stream 2”). L’Europa dovrebbe cogliere l’opportunità per superare infine la sua struttura istituzionale costituita da una precaria e disorganica miscela di poteri intergovernativi e sovranazionali che ne affievolisce una univoca capacità di azione.

Ma Biden non è un moderato, sin dai suoi primi atti ha espresso una forte determinazione nel perseguimento delle sue linee politiche: tra i 17 ordini esecutivi e proposte firmate nel suo primo giorno, oltre a quelle concernenti la pandemia, si ritrovano, tra gli altri, il rientro negli accordi sul clima di Parigi la revoca dei permessi per il gasdotto Keystone XL (con la conseguente apertura di una crisi con il Canada), il pieno recupero dei sans papier nel censimento nazionale, la lotta alle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale sui luoghi di lavoro,  l’eliminazione del “Muslim travel ban”,l’abrogazione delle direttive trumpiane sulle priorità di arresto per l’immigrazione illegale, il rafforzamento del programma “Deferred Action for Childhood Arrivals”, il blocco della costruzione del muro di confine con il Messico, l’avvio di un regolamento etico obbligatorio per ogni dicastero e la richiesta che i dipendenti federali promettano di “sostenere l’indipendenza del Dipartimento della Giustizia”.

Poi la lotta alle discriminazioni razziali: “Il grido per la giustizia razziale, che dura da circa 400 anni, ci commuove, il sogno di giustizia per tutti non sarà più rinviato”; la lotta al suprematismo bianco ed al “terrorismo interno”, alle false verità: “Dobbiamo rifiutare la cultura in cui i fatti stessi vengono manipolati e persino fabbricati” (…) “bugie raccontate per il potere e per il profitto”.

Biden ha già compreso che la tragedia della pandemia può trasformarsi per gli Stati Uniti in una storica opportunità per la ripartenza affrontando la riforma del sistema sanitario – dal costo delle cure alle disparità razziali ed etniche nell’accesso – e quella del programma di assicurazione contro la disoccupazione, vecchio di quasi un secolo, nel segno di un welfare state più europeo come sostiene la parte più progressista del Partito Democratico.

Ma sarà soprattutto sul versante tecnologico che si concentrerà la competizione internazionale per il ruolo guida; Biden ha previsto 2 trilioni di dollari di investimenti in energia pulita durante il suo mandato, quasi il doppio dell’intero budget dell’UE per il 2021-2027; Kerry promuoverà l’acquisto della tecnologia pulita statunitense e in questo settore si svilupperà sicuramente il confronto con l’Unione Europea e con la Cina. Alcuni analisti individuano nell’acciaio e nel cemento green, nell’idrogeno, nel rimboschimento e nella cattura del carbonio, i territori più avanzati della sfida internazionale per l’innovazione e la ripresa economica post-pandemia.

Ursula von der Leyen ha affermato in proposito: “Mi piace la concorrenza, è una buona competizione. È una concorrenza positiva quando si tratta di economia verde“. Siamo d’accordo ma l’Europa sta già perdendo terreno secondo la Banca europea per gli investimenti… sarà meglio provvedere per tempo!